Quando la città soffre

La sofferenza umana non si può eliminare. Sta nella vita, sta nell’uomo. Il problema della vita è la contraddizione fra ciò che è l’organizzazione sociale e la sofferenza che si esprime in ognuno di noi.

Franco Basaglia

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Ciascuno è produttore di un senso e questa produzione umana ha diritto ad essere riconosciuta e dotata di dignità e rispetto.

Benedetto Saraceno

SCENARIO DI RIFERIMENTO

L’ideazione del progetto nasce dal lavoro di tesi di laurea di uno dei proponenti sulle persone senza dimora dal quale è emerso che la tipologia di uomini e donne che si rivolgono agli enti e strutture di aiuto per chi è senza casa e senza lavoro, ai centri d’ascolto Caritas, è estremamente varia ed eterogenea e non coincide con le figure consuete dell’emarginazione sociale.

Oggi i processi di impoverimento non sembrano più coinvolgere solo soggetti collocabili negli “strati bassi” o marginali della società ma anche individui considerati perfettamente integrati in termini sia lavorativi che relazionali.

La società liquida, sur-moderna, in polvere, sta vivendo una  crisi economica e finanziaria ma anche sociale e politica che ha prodotto un ampliamento della precarietà, fragilità e sofferenza sociale. Il sociologo francese Robert Castel ha analiticamente diviso la società in tre zone in base al grado di inserimento lavorativo e relazionale: integrazione, vulnerabilità e precarietà –desafilliation. I confini di queste zone si sono fatti via via più porosi e permeabili, margini attraversati e attraversabili, tanto che insicurezza e incertezza, scrive Zygmunt Bauman, sembrano riguardare concretamente e potenzialmente la vita di tutti.

Nel rapporto annuale Istat 2011 si evidenzia, per esempio, come in Italia il 29,9% di famiglie con tre figli si trovi in una condizione di povertà relativa. Negli ultimi anni si è palesato come la condizione di povertà e disagio economico –  lavorativo non sia esclusivamente una situazione residuale nella quale si sprofonda repentinamente e che permane statica; più frequentemente essa è costituita da una dinamica processuale che si articola in un continuum di posizioni, nel quale le 47.648 persone senza dimora censite da ISTAT nel 2011 sono “solo” l’anello estremo e più debole.

OBIETTIVI DEL PROGETTO

Raccontare e descrivere la situazione e i percorsi biografici delle persone che, ancor più nell’attuale fase di crisi economica, si trovano in condizione di disagio e difficoltà e si rivolgono agli enti e alle strutture sociali di assistenza , pubbliche e private.

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Si intendono così focalizzare, indagare e raccontare non solo le condizioni di povertà conclamate ma anche tutti quei processi e percorsi di impoverimento che caratterizzano l’attuale fase sociale.

Secondo lo stile della testimonianza e dell’osservazione partecipante, si intende anche, con il progetto, dare voce agli abitanti “canonici” dei margini, al di là delle etichette che chiudono e  imprigionano le identità plurali, aprendo così le maglie di definizioni stigmatizzanti e al contempo si vuole ascoltare una marginalità più recente sviluppatasi negli ultimi anni, seguendo una prospettiva epistemologica sulla sofferenza sociale che non individui una separazione netta tra esclusi e inclusi, quale, ad esempio, quella seguita negli ultimi anni dallo psichiatra ed antropologo Arthur Kleinman. In questo senso, rispettando al massimo la dignità di ciascuna persona incontrata e con la consapevolezza delle possibili distorsioni che il mezzo video può indurre, la metodologia del documentario filmato vuole mettere al centro il soggetto che in prima persona opera una narrazione di sé, della propria situazione, delle proprie traiettorie e dimensioni esistenziali in relazione al contesto socio-culturale ed economico in cui è vissuto, in modo da far così emergere il mondo di vita della persona in relazione anche con lo scenario storico – politico.

Il progetto intende inoltre promuovere e supportare una lettura socio-pastorale ed educativa delle situazioni di impoverimento, povertà ed emarginazione.

Si vogliono in questo senso descrivere ed approfondire, mediante il video ed apposite schede di documentazione, il processo e i meccanismi che favoriscono l’insorgenza di situazioni di povertà nei soggetti attraverso l’indagine dei luoghi che costituiscono l’ambiente di vita sia passato che presente.

Il documentario ha anche l’ambizioso obbiettivo di richiamare la società a riconoscere la sofferenza che la abita, e che contribuisce a generare, che si esprime in quella delle persone che vivono la città. Le Città come metafora della società sono dunque ciò che, in senso più generale, il progetto vorrebbe narrare e contribuire a cambiare, mobilitando a tal fine, dal basso, la consapevolezza, le energie ed il desiderio di vita buona delle persone che, mediante la diffusione del video, sarà possibile incontrare.

L’impiego del crowdfunding per sostenere la diffusione del video prodotto rappresenta, in questo senso, un modo innovativo e potenzialmente molto efficace, per coinvolgere e mobilitare, tra i giovani ma non solo, risorse, forze e soggetti che potrebbe essere più difficili da raggiungere ed agganciare con i strumenti tradizionali.

METODOLOGIA E APPROCCIO CULTURALE

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La struttura del progetto, oltre ad avere la forma canonica della ricerca costruita sufonti preesistenti a livello bibliografico, è costituita da un supporto audio-visivo attraverso il quale cercheremo di osservare e catturare tutta quella pluralità di fenomeni che identificano e caratterizzano la sofferenza sociale e non solo gli strati “bassi” dello spazio urbano, raccogliendo le storie di vita che mettono in luce l’interconnessione tra uomo, ambiente e società. Tale supporto sarà poi diffuso in varie forme, dai proponenti e da sostenitori del progetto e da una più ampia comunità che, anche con l’uso di mezzi digitali e tecniche di web networking, si intende attivare. Mediante l’utilizzo di brevi e sintetiche schede di accompagnamento, approfondimento e documentazione sarà infatti possibile per chiunque ne abbia interesse, utilizzare il documentario per organizzare e promuovere riflessioni e momenti di incontro e confronto sul tema.

Per la diffusione e la distribuzione il progetto prevede la predisposizione, con il sostegno ed il patrocinio diretto della federazione italiana degli organismi per le Persone Senza Dimora, di un apposito piano di crowdfunding, teso non solo a reperire via web le risorse necessarie, ma anche a generare conoscenza del progetto e interesse a farlo conoscere al di fuori delle cerchie di soggetti e luoghi già raggiunti o raggiungibili dai promotori.

L’essere umano e la sua sofferenza in relazione all’organizzazione sociale sono in ogni caso il soggetto centrale del progetto.

La ricerca condotta attraverso il documentario si propone di colmare un vuoto discorsivo e di dare spazio alle storie umane che ricostruiscono la realtà come si presenta ai nostri occhi; la registrazione delle storie di vita ha la capacità di catturare e restituire una lettura in movimento del rapporto persona-ambiente: coglie i bisogni del soggetto e il modo in cui, per soddisfare le proprie esigenze, egli si appropria, attraversa, vive e trasforma il territorio. L’utilizzo del mezzo audio-visivo risulta, in questo caso, particolarmente utile perché, attraverso le immagini in movimento, rende possibile la ricostruzione dei mutamenti spaziali e l’interpretazione degli usi del territorio, che non sono registrabili attraverso un semplice sguardo frontale poiché in continua evoluzione.

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La video-intervista per raccogliere storie di vita comporta numerosi vantaggi: a differenza dell’intervista strutturata con domande predefinite, la biografia permette di far emergere la dimensione soggettiva del racconto concedendo tempi adeguatamente lunghi che possono restituire, attraverso una narrazione lenta, intima e dettagliata, la costruzione e la produzione di senso. L’intervistato, mentre narra, opera una selezione per lui coerente di fatti, scelte, ricordi che vengono a loro volta rielaborati e inseriti in un contesto di senso narrativo che serve sia come cornice comunicativa che come atto interpretativo del proprio percorso.

La scelta registica prevede inoltre un linguaggio per immagini prevalentemente evocative, in modo da cercare di rappresentare il più possibile la sfera intima e interiore degli intervistati in contrasto con l’ambiente del tutto pubblico nel quale sono immersi. Immagini che abbiano il potere di avvicinare lo spettatore alla vita e alla mente più della parola.

Lo spazio e il tempo sono  due chiavi tematiche fondamentali che verranno, ad esempio, approfondite:  queste persone percepiscono questi due elementi  in maniera del tutto differente  ed estranea rispetto a quella cui siamo normalmente  abituati e indagandoli a fondo possono emergere “peculiarità dello sguardo” decisive non solo per comprendere ciò che altrimenti potrebbe apparire incomprensibile, ma anche per provare a tracciare percorsi di uscita dall’emarginazione davvero comunitari ed aperti. La scelta delle location in cui ambientare le interviste sarà quindi preceduta da accurati sopraluoghi ed effettuata sulla base delle indicazioni fornite dai protagonisti per individuare i luoghi a loro più significativi. I tempi, anche narrativi, saranno il  più possibile scanditi per sottolineare tali differenze percettiva.

Gli intervistati saranno tutte persone che hanno diretta esperienza di vita in strada: questo è un fulcro irrinunciabile per la ricerca. Saranno infatti il loro racconto e la loro testimonianza di vita a guidare la ricerca e la stesura del testo del documentario. Quando ci si trova all’interno di una situazione da documentare, bisogna infatti avere la capacità di assumere una posizione che sia in grado, dall’interno, di indagare, forgiare, sviluppare nuove forme di produzione di senso, avendo la consapevolezza che in ogni caso anche il documentario è linguaggio di una narrazione e ciò che si indaga non potrà mai essere restituito così come accade.

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Il documentario è dunque un continuo negoziare: anche con colui che si trova davanti alla telecamera, ciò che si contratta è comunque sempre lo spazio di una messa in scena, la necessità di una rappresentazione.Per riuscire a sviluppare questa conoscenza empatica con i protagonisti si verifica la forte necessità di varcare, frequentare e abitare i confini spaziali e simbolici che sottilmente frammentano la nostra società manifestandosi concretamente nelle nostre città.

Da un punto di vista scientifico, in ogni caso, l’ipotesi definitoria su cui il progetto è basato parte dall’approfondimento della definizione data in Italia da fio.PSD della Persona Senza Dimora, come: “un soggetto in stato di povertà materiale e immateriale, portatore di un disagio complesso, dinamico e multiforme”. L’intento è quello di sondare tale definizione anche “visivamente” e metterla al vaglio alla luce dei criteri di disagio abitativo illustrati dallo schema Ethos, pensato da Feantsa, per giungere così all’idea di sofferenza urbana e sociale che sempre più persone vivono in questa fase di crisi.

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